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Palazzo Chiablese

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Il palazzo Chiablese, con la sua mole severa, chiude sul lato occidentale la piazzetta antistante il palazzo Reale e si protrae fino alla chiesa di San Lorenzo, capolavoro di Guarino Guarini (1668-1687). Dal 1960, anno in cui si sono conclusi i restauri dopo i danni bellici, l’edificio è stato la sede della Soprintendenza ai Monumenti e della Soprintendenza Archeologica del Piemonte e oggi ospita gli istituti del Ministero della Cultura, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino e il Segretariato Regionale del MiC per il Piemonte.

Tra Cinque e Seicento

Il palazzo è eretto, molto probabilmente riplasmando preesistenti edifici medievali, alla fine del XVI secolo, quando Emanuele Filiberto di Savoia ha voluto rinnovare la piazza davanti alle residenze ducali – il palazzo Ducale (poi Reale) e il Castello (poi palazzo Madama) – commissionando il riordino urbanistico degli spazi e degli edifici all’architetto Ascanio Vittozzi, autore anche del progetto per la nuova Cittadella di Torino. I primi proprietari del palazzo sono Beatrice Langosco di Stroppiana e il marito Francesco Martinengo di Malpaga che lo ricevono ricevuto in dono dallo stesso duca.
Rientrato in possesso dei Savoia all’inizio del XVII secolo, l’edificio ospita, nel 1600-1601, il cardinale Pietro Aldobrandini, quando fu invitato a Torino dal pontefice Clemente VII presso Carlo Emanuele I per comporre le discordie tra il Ducato sabaudo e la Francia in ordine al possesso del Marchesato di Saluzzo; nel 1608, il prelato ritorna nel palazzo per presenziare ai matrimoni delle figlie del duca, Margherita e Isabella di Savoia con Francesco IV Gonzaga e con Alfonso III d’Este.
Nel 1642, l’edificio è assegnato come residenza torinese al cardinale Maurizio di Savoia; questi, per chiudere con il ‘Patto di Famiglia’ la guerra civile che, insieme con il fratello Tommaso, principe di Carignano, lo ha contrapposto alla cognata reggente, Maria Cristina di Francia, lascia la porpora e sposa la nipote Maria Ludovica Cristina, figlia di Vittorio Amedeo I. I due principi, quando si trovano nella capitale, preferiscono però abitare la ‘Vigna’ in collina (l’odierna Villa della Regina). Nel 1692, alla morte di Maria Ludovica Cristina, il palazzo accoglie alcuni appartamenti a servizio della corte reale.
Poche sono le tracce sopravvissute di questa fase dell’edificio: sono da identificare nella breve porzione di loggiato, con archi sorretti da colonne tuscaniche, nel secondo cortile verso la chiesa di San Lorenzo, e in alcuni ambienti di servizio con soffitti lignei privi di decorazioni.

Il Settecento: Benedetto Maurizio, duca del Chiablese

Nel 1753, Carlo Emanuele III destina il palazzo al figlio Benedetto Maurizio di Savoia, duca del Chiablese, natogli dalla terza moglie, Elisabetta di Lorena: in quegli anni, il sovrano progettava per l’amatissimo secondogenito un matrimonio con una principessa Asburgo-Lorena e la creazione di uno stato indipendente da ricavare nei feudi imperiali dell’Italia settentrionale o dell’Austria meridionale.
L’incarico di rinnovare ed estendere gli appartamenti è affidato a Benedetto Alfieri, che aveva ereditato da Filippo Juvarra il ruolo di architetto di corte, proseguendone i cantieri nelle residenze dinastiche. L’intervento alfieriano che ha comportato la parziale demolizione e la sopraelevazione dell’edificio preesistente, ha conferito all’edificio l’aspetto attuale, tanto negli esterni quanto negli interni, anche se i progetti sono rimasti in parte incompiuti. Attraverso un portone monumentale aperto sulla sobria facciata in laterizio verso il duomo, si accede a un atrio porticato con colonne, pilastri in pietra e volte a crociera e, di qui, ai due cortili interni, divisi da una manica centrale (1761). Il portico tra la piazza San Giovanni e la piazzetta Reale e la soprastante galleria al piano nobile raccordano l’edificio al palazzo Reale, con il quale condivide un muro perimetrale.
Un maestoso scalone in marmo (1753-1754) conduce agli appartamenti aulici: due campagne decorative – una risalente al 1756-1758, l’altra al 1760-1764 – interessano le sale affacciate verso la piazzetta Reale, che sono organizzate in una doppia enfilade, funzionale alle esigenze cerimoniali. Alfieri dirige anche la decorazione a stucchi dorati degli ambienti, che si accompagna a una boiseries  e a un arredo di grande raffinatezza, eseguiti secondo modelli di gusto filo-francese, dalle équipes di plasticatori (Bartolomeo Papa, Angelo Maria Somasso, Enrico Bitli, Giuseppe Bolina, Giovanni Battista Sanbartolomeo), di intagliatori (Giovanni Battista Bolgiè, Giovanni Antonio Riva, Antonio Gritella) e indoratori (Bartolomeo Monticelli) già attivi per i cantieri reali.
Anche la decorazione pittorica, concentrata soprattutto nelle grandi sovrapporte, vede nelle sale del palazzo Chiablese la presenza di alcuni fra i principali protagonisti della cultura figurativa alla corte di Torino in quegli anni: troviamo qui, infatti, tanto i più affermati pittori locali (Michele Antonio Rapous, Mattia Franceschini, Claudio Francesco Beaumont, Vittorio Amedeo Cignaroli), quanto le più prestigiose personalità forestiere che rappresentano bene gli indirizzi di gusto della committenza sabauda: il romano Gregorio Guglielmi, il napoletano Francesco De Mura, il veneto Mattia Bortoloni (autore, quest’ultimo, della serie di tele che ornano le scaffalature della biblioteca, oggi conservate alla palazzina di Stupinigi).
La ricchezza e l’importanza dell’arredo è infine suggellata sia dalle opere dell’ebanista Pietro Piffetti, documentate fra il 1759 e il 1767-1768 (sopravvive il doppio corpo, oggi nella sala dell’Alcova), sia dall’inserimento di uno tra i pezzi più preziosi delle guardarobe reali: si tratta della serie di arazzi con le Storie di Artemisia, tessuta a Parigi nella manifattura dei Gobelins ed acquistata nel 1620 dall’ambasciatore sabaudo per conto di Vittorio Amedeo I.
Le ambizioni dinastiche di Benedetto Maurizio subiscono un secco ridimensionamento per l’opposizione dell’imperatrice Maria Teresa al suo matrimonio asburgico e così, il principe che, dopo l’ascesa al trono del fratello primogenito Vittorio Amedeo III nel 1773, ha ormai un ruolo secondario nella corte, finirà per sposare la giovane nipote, Maria Anna di Savoia nel 1775. Con la caduta dell’Ancien Régime e l’arrivo delle truppe rivoluzionarie, i duchi di Chiablese sono costretti ad abbandonare Torino nel 1798 per rifugiarsi prima in Sardegna e poi a Roma, dove Benedetto Maurizio muore nel 1808.

Tra Napoleone e l’Unità d’Italia

Con l’occupazione francese di Torino, il palazzo Chiablese, come altre residenze sabaude, è messo a disposizione di Napoleone Buonaparte e della famiglia imperiale: dopo essere stato la sede per gli uffici della “Commissione esecutiva” formata da Carlo Botta, Carlo Bossi e Carlo Giuli (“il governo dei tre Carli”), l’edificio ospita (1808-1814) il governatore generale dei dipartimenti transalpini, il principe Camillo Borghese, insieme con la moglie, Paolina Buonaparte, la sorella dell’imperatore. A questo momento risale la decorazione di alcuni ambienti nella manica tra i due cortili, contraddistinta da un linguaggio ancora improntato al classicismo tardo settecentesco.  
Nel 1814, con la dissoluzione dell’impero francese, l’edificio ritorna in possesso della duchessa vedova del Chiablese che, nel 1824, lo lascia in eredità al fratello Carlo Felice, salito al trono nel 1821. Il nuovo sovrano, quando soggiorna a Torino, preferisce questa residenza al contiguo palazzo Reale e qui vi muore nel  1831. Il palazzo passa quindi a Ferdinando di Savoia-Carignano, il secondogenito del re Carlo Alberto che ha il titolo di duca di Genova. In occasione del suo matrimonio con Maria Elisabetta di Sassonia, celebrato nel 1850, le sale sono oggetto di modifiche e di rinnovamenti dell’arredo e delle decorazioni: in modo particolare la galleria piccola è trasformata nella camera da letto della duchessa, riallestendo qui il mobile di Piffetti. Nel 1851, vi nacque Margherita di Savoia-Genova, la figlia di Ferdinando e Maria Elisabetta, futura prima regina d'Italia.

Il Novecento tra distruzioni e ricostruzioni

Il palazzo Chiablese, abitato dai discendenti di Ferdinando di Savoia-Genova fino al 1940, è oggetto tra XIX e XX secolo di alcuni interventi di aggiornamento funzionale con l’inserimento di una sala da bagno, il rinnovamento impiantistico e la realizzazione di nuovi collegamenti verticali per gli appartamenti di servizio. Le fotografie scattate nelle sale nei primi anni del Novecento ci presentano l’immagine di una sontuosa residenza principesca dove le decorazioni settecentesche convivono con i fastosi mobili eclettici dei duchi di Genova. Questa situazione cambia repentinamente allo scoppio della seconda guerra mondiale, quando gli eredi di questo ramo della casa reale abbandonano il palazzo, trattenendo con sé gran parte dell’arredo. I bombardamenti anglo-americani che devastano il centro di Torino soprattutto tra il 1943 e il 1944, colpiscono più volte l’edificio con ordigni e spezzoni incendiari, danneggiando così gravemente alcune delle sale monumentali verso la piazzetta Reale e distruggendo l’angolo verso il Seminario Maggiore.    
Dopo un lungo lavoro di ricostruzione e di restauro, indirizzato peraltro a rendere il palazzo adatto alla sua nuova funzione di edificio pubblico, sono trasferiti qui gli uffici di due Soprintendenze. In quest’occasione, per arredare le sale di rappresentanza rimaste in gran parte spoglie, sono trasferiti dal castello ducale di Agliè (passato anch’esso dai duchi di Genova al Demanio) alcuni arredi neoclassici e un piccolo nucleo di dipinti: tra questi una parte della bella serie di tele con le Vedute delle località del Piemonte di Angelo Antonio Cignaroli (1790-1820 circa) e la coppia di dipinti raffiguranti l’Arrivo di Carlo Felice e di Maria Cristina di Borbone a Napoli di Salvatore Fergola.

 

Restaurato e riallestito, riapre alle visite in modo stabile grazie al supporto dell’Associazione Amici di Palazzo Reale, con un percorso che si snoda lungo le sale da parata e da residenza e si conclude in alcuni ambienti ancora in corso di restauro.


L’allestimento si avvale di arredi originari (tra cui l’eccezionale scrivania a ribalta di Pietro Piffetti recuperata dai Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale nel 2018), in parte ritrovati in storici depositi e si arricchisce grazie alla disponibilità della Fondazione Accorsi-Ometto che ha concesso in deposito alcuni pezzi delle loro collezioni di riserva. Sono inoltre presentate alcune recenti acquisizioni legate all’attività territoriale di tutela: due sovrapporte di Vittorio Amedeo Cignaroli con scene di caccia ed una pala d’altare, raffigurante l’Annunciazione e attribuita a Marcantonio Franceschini, proveniente dalla cappella del castello di Pomaro Monferrato; quest’ultima viene riproposta a suggerire l’oratorio privato del Duca, insieme con un altare ligneo settecentesco di collezione privata torinese, concesso in comodato al palazzo Chiablese.


In una delle sale danneggiata dalle bombe è poi restituita l’immagine degli storici uffici della Soprintendenza, a ricordare l’uso più recente di questa sede.


L’iniziativa della Soprintendenza per la restituzione al pubblico del palazzo ha trovato in città importanti supporti: la Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali ha avviato l’opera dal 2017 promuovendo il restauro dell’oratorio e del gabinetto del Duca; la Fondazione Compagnia di San Paolo, nel quadro della sua importante azione a favore del patrimonio culturale, sostiene il restauro delle sale private e da parata dell’appartamento, promuovendo la competenza del Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale. Alla riapertura alle visite si affianca un accordo con la Città di Torino, per ospitarvi anche la celebrazione dei matrimoni civili nelle sale di rappresentanza.

 

Visualizzazione Salone degli Arazzi 360°

per visualizzare il salone degli arazzi nelle foto a 360° cortesemente realizzate dal fotografo Antonino Del Popolo (https://www.antoninodelpopolo.it/) cliccate sulleimmagini sottostanti e verrete reindirizzati al suo sito dove potrete immergervi nel salone al massimo della definizione possibile

Salone arazzi1

 

Salone arazzi2

 


PALAZZO CHIABLESE
Piazza San Giovanni 2
10122 - Torino

INFO

dal lunedì al venerdì
ore 14,30/17,30
(chiuso il sabato, la domenica e i  giorni festivi perchè il palazzo è sede della SABAP-TO e SR-PIE)
con prenotazione obbligatoria ai contatti APR:
e-mail APR:  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
oppure
cell. APR:  +39 344 1929643
Ingresso gratuito
Gradita offerta libera pro interventi di restauro dei preziosi arredi di Palazzo Chiablese

 

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SEGRETARIATO REGIONALE PER IL PIEMONTE
PALAZZO CHIABLESE - Piazza San Giovanni 2 - 10122 - Torino
Centralino: +39 011 5220403-PEO Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. -P.E.C. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (ricezione solo da P.E.C.)
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