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La Sfinge del Bistolfi alla Galleria Sabauda

Dal 5 febbraio al 6 marzo la Galleria Sabauda ospita "Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda". La splendida scultura è stata concessa dal Mart - Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e si lega a una realizzazione tra le più famose di Leonardo Bistolfi, il monumento funerario della famiglia Pansa, tuttora nel cimitero di Cuneo: la tecnica, la materia e l'alta qualità complessiva lasciano pensare che invece di un modello preparatorio si tratti di una replica autografa coeva e in scala ridotta dell'opera conclusa.
Il monumento fu concepito nel 1889 e inaugurato nel 1892. A questo periodo risalgono il bozzetto in gesso per l'insieme e un secondo bozzetto, stavolta in terracotta, per la sola testa, entrambi ora nella Gipsoteca Leonardo Bistolfi di Casale Monferrato, vicino Alessandria. Il titolo si deve allo stesso Bistolfi: "L'idea originale – egli raccontò nel 1896 alla giornalista inglese Helen Zimmern – era di rappresentare con una figura simbolica la Morte, la Morte come la vediamo noi moderni; anche se non versiamo lacrime per le crudeli pene del fuoco dell'Inferno del Padre Eterno, siamo sempre disturbati ed inquietati dal pensiero inafferrabile dell'infinito sconosciuto. Nell'esprimere questa idea, quasi incoscientemente, e certamente senza premeditazione, la figura della Morte assumeva l'aspetto di una sfinge".
L'opera, accolta da un vero trionfo di critica e di pubblico, rappresenta un punto cardine nella carriera di Bistolfi: essa marca infatti il passaggio dalle giovanili espressioni veriste di area 'scapigliata' a quelle poetiche di matrice simbolista che, sia pure con declinazioni diverse, stavano allora affermandosi in gran parte dell'Europa. Seduta al centro su di un alto trono a gradini e avvolta fino a terra da un largo mantello, una donna volge lo sguardo verso un punto lontano ma indefinito. Le membra sono strette da una morsa di gelo; le mani, ossute e rigide, si posano come artigli sulle ginocchia. Al rigoglio floreale del lato destro, una cascata di papaveri, crisantemi e gigli restituita con un sapiente virtuosismo tecnico, si contrappone lo spazio vuoto del lato sinistro. Il pieno e il vuoto, la vita e la morte, dunque. La critica è solita collegare le proporzioni allungate e la posa ieratica della figura muliebre all'impatto su Bistolfi dell'arte egizia: Sandra Berresford chiama per esempio in causa la statua seduta di Re Thutmosi III, custodita presso il Museo Egizio di Torino. Un secondo riferimento d'obbligo sono le femmes fatales, un tema che in Italia aveva avuto il punto d'avvio nel 1869 nella Fosca – un romanzo 'scapigliato' di Iginio Ugo Tarchetti – e che da lì si era presto diffuso nell'intero continente, in letteratura come nelle arti figurative o performative. Fondamentale, soprattutto per le implicazioni spiritualiste, sembra infine il cenacolo torinese di Cesare Lombroso, che d'altronde Bistolfi ebbe occasione di conoscere e frequentare. La Sfinge in tal senso materializza le inquietudini e le perplessità latenti nello scultore – e del resto condivise da molti contemporanei – in merito alle spiegazioni sull'origine e sull'esistenza dell'Uomo fornite dalle teorie scientifiche positiviste, divenute moneta corrente e alle volte corsiva anche della cultura borghese. Il passaggio dalla vita alla morte rimane e rimarrà un mistero impenetrabile, di cui la Sfinge costituisce il guardiano: ecco in sintesi il messaggio dell'opera. D'altro canto, nel realizzare il viso Bistolfi si ispirò a una donna reale, Maria Gusberti, che avrebbe sposato poco tempo dopo, nel 1893: "Io volli in quel volto imprimere – ecco ancora la sua dichiarazione – i segni rivelatori della creatura che offerse al mio sacrificio tutte le forze della passione di donna e di madre, diventando essa pure l'anima della mia anima".">Guarda il video "Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda"

 

 

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Sito web: www.galleriasabauda.beniculturali.it e www.poloreale.beniculturali.it

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